martedì 2 febbraio 2010

Terre a nord-ovest

Avviso ai lettori
Questo diario è molto lungo, la tentazione di buttare il computer dalla finestra sarà molto elevata, l'istinto omicida verso il sottoscritto pure. Armatevi di pazienza, pop-corn (perchè qui sarà meglio che al cinema) e...nient'altro. Magari un po di tempo...spegente il cellulare, mandate vostra moglie/ragazza/amante/compagno/compagna fuori di casa e godetevi lo spettaccolo (dopo questa mi arriveranno diversi insulti)


Premessa
Il viaggio in Bretagna ha avuto un significato particolare per me. Era dal lontano 2005 che non facevo un viaggio così lungo in macchina e anche il solo semplice spostarsi ha riportato alla mia memoria sapori antichi. Chi mi conosce sa che non sono mai stato fermo nello stesso luogo e fin da quando sono nato ho compiuto viaggi molto lunghi verso la Polonia senza disdegnare l’Europa in se. La Polonia è la terra di mia madre, dei miei nonni, una terra che ha saputo darmi tanto ma che in determinati occasioni ha saputo togliermi attimi che non si ripeteranno più nel corso della mia vita. Conservo ancora il ricordo di quasi tutti i viaggi, dei km macinati, delle sensazioni dovute allo stare sveglio tutta la notte solo per fare compagnia a mio padre o mia madre, a seconda di chi guidava. Ricordo ancora le nottate passate fra la Germania Ovest e la Germania Est per il controllo dei documenti oppure di quegli inverni in cui sfidavamo la neve per poter festeggiare il Natale coi nostri cari, viaggi di 30 e passa ore. Man mano che scorreva il tempo e io crescevo, cambiava anche la posizione politica dell’Europa Centrale e quelle frontiere, divisioni di una volta improvvisamente sparivano riducendo incredibilmente la durata del viaggio. Già nel 2005, l’ultima volta che andai a trovare i miei nonni la durata complessiva del tragitto si aggirava intorno alle 16 ore, pause comprese, ma la sensazione, le emozioni del viaggio, erano sempre tali e quali alla prima volta di cui ho memoria.
Per questo quando con Stefano abbiamo deciso di partire in macchina ero felice perché avrei potuto riassaporare la sensazione che ti da l’asfalto, le emozioni che ti danno la strada lungo tutto il tragitto, la compagnia di un amico con cui ho condiviso quest’avventura.

Tutto questo prima ancora di essere in terra bretone.

La Bretagna o Breizh 
Per me era la seconda volta che mi recavo in Bretagna. La prima volta che ci sono stato risale al 2007 in compagnia di una mia amica, Rita, che saluto. L’unico problema di allora fu che per spostarci usammo mezzi pubblici e questo tolse pahtos alla vacanza perché gli autobus avevano degli orari molto ristretti e sovente bisogna rientrare prima ancora del tramonto. Nonostante questo la Bretagna mi aveva colpito particolarmente per i colori (era agosto), per il paesaggio, per quella sensazione di tornare indietro nel tempo, per il coraggio di quegli uomini che ogni giorno sfidavano, sfidano l’Atlantico per andare a pesca di sardine. Ma soprattutto perché questa terra rifiuta, ripudia l’avanzata culturale del resto del paese in favore di una propria precisa identità.
Ma effettivamente cos’è la Bretagna, cosa rappresenta per me?Provate a pensare al vostro primo amore, a quella persona che per la prima volta vi ha fatto battere il cuore. Nonostante possono passare anni, a volte anche decadi, la prima volta che reincontrerete quel lui o quella lei il cuore vi batterà forte come allora, in un modo che si sperimenta una sola volta nella vita. Per me la Bretagna è questo, una terra che mi sa donare emozioni anche per il solo semplice fatto di esserci a prescindere da quello che ci devo fare. Non pensavo che mi avrebbe saputo emozionare ancora in questo modo, ancora una volta così intensamente, così a fondo tanto che il solo guardarsi intorno, il solo respirare quell’aria riuscivano a trasmettere un’emozione unica. Le stesse emozioni che ho provato quando per la prima volta l’ho visitata.






Il Viaggio
La partenza era fissata il giorno 26 dicembre alle 5 di mattina in modo da valicare tranquillamente le Alpi. Puntuale come un orologio svizzero Stefano si presenta al suddetto orario sotto casa mia, carichiamo la macchina, impostiamo il navigatore con il nostro amatissimo Fufi (vedere foto in fondo) e partiamo. Siamo carichi, svegli nonostante le poche ore di sonno della sera prima e si discorre per quasi tutto il viaggio. Per arrivare a Douarnenez, prima tappa del viaggio, passiamo dal Frejus e da qui ci inoltriamo in territorio francese in direzione di Lione. L’unica pecca delle autostrade d’oltralpe è che non hanno accettato la mia carta di credito prepagata così ci tocca pagare tutte le stazioni con il contante; per quel che riguarda il pagamento del carburante non abbiamo quasi mai avuto problemi in merito. Durante il viaggio assistiamo anche a un tramonto stupendo che Stefano immortala con la sua macchina fotografica



Colori favolosi, nuvole spalmate su tutto il cielo, una cosa del genere raramente si vede. Ci fa emozionare, sperare in quello a cui saremmo andati incontro. Ovviamente per non tirarci la zappa sui piedi diciamo che questo sarà il meglio che vedremo, che le cose migliori le vedremo in viaggio…dopo questo fantastico tramonto decidiamo di proseguire fino a Nantes e di fare una sosta in questa città: siamo leggermente cotti e anche se potremmo arrivare a Douarnenez in giornata non avremmo in ogni caso la camera d’albergo, prenotata per il giorno seguente.

Domenica 27 dicembre
L’indomani ripartiamo ma scopriamo che il sole albeggia intorno alle 8.30. Chiaro, più si va a nord e più le giornate d’inverno si accorciano. Siamo sull’autostrada per Quimper quando assistiamo a uno spettacolo di arcobaleni che si generano e si dissolvano a causa dei frequenti scrosci di pioggia e fuoriuscite di sole a cui eravamo soggetti. Un altro spettacolo, ancora una volta mentre si è in macchina…questa volta non riusciamo a fare fotografie, proseguiamo verso Quimper e da li a Douarnenez.
Douarnenez è una città famosa per la lavorazione delle sardine tanto che le scatole che vengono prodotte qui sono diventate oggetto di collezione ed è uno dei porti principali di pesca.
Il nostro fido navigatore ci conduce fino all’albergo ma lo troviamo chiuso. Mistero. Pensiamo che essendo domenica il gestore sarebbe arrivato verso ora di pranzo così decidiamo di fare una passeggiata lungo la costa. La giornata era magnifica, probabilmente venivamo da dopo un temporale e i colori si esprimevano come meglio potevano. Facciamo alcune foto, respiriamo l’aria bretone e l’aria salina, siamo stanchi ma finalmente contenti di essere arrivati. Verso mezzodì decidiamo di tornare indietro e arrivati davanti all’albergo è ancora chiuso. Mistero. Ci guardiamo sconsolati e non capiamo il perché; chiamiamo dentro l’albergo e finalmente ci vengono ad aprire. Depositiamo i nostri bagagli e partiamo. Dove?Verso la Pointe du Raz (Beg ar Pen in bretone) a vedere il Phare de la Vieille. La strada non è lunga, ci mettiamo circa 20 min ad arrivare sul posto, parcheggiamo la macchina e seguiamo il sentiero, altri 20 min e siamo sulla punta. Discendiamo il sentiero per cercare una posizione migliore e cominciamo a macinare scatti di questo posto stupendo. Stefano scende ancora più in basso di me, lo seguo e da qui eseguo alcuni scatti





 




 

 


Dopo aver macinato scatti risaliamo il sentiero e ci inoltriamo sulla punta vera e propria alla ricerca di una posizione migliore. Vediamo passare davanti a noi signori di una certa età con nipotine al seguito e se ce la possono fare loro noi chi siamo?Le pareti sulla punta sono praticamente perpendicolari sul mare e sul sentiero c’è da fare attenzione, niente di impossibile, ma c’è da stare attenti, la prudenza non è mai troppa. A un certo punto perdo Stefano (il fotografus paesaggisticus presente in lui ha avuto il sopravvento) e dopo una mezza arrampicata lo scorgo anche se sta tornando indietro: fra fare le foto e girare intorno alla punta ormai stava venendo buio. A malincuore decidiamo di tornare indietro ma non ricordiamo la strada: praticamente giriamo in tondo e scaliamo tutta la punta ma non riusciamo a ritrovare il sentiero. Non eravamo nel panico, ci mancherebbe però eravamo un po’sconcertati dalla cosa. A un certo punto ci accorgiamo che quello che sembrava uno strapiombo in realtà era la via per tornare indietro, esattamente sulla stessa strada da cui siamo venuti. Torniamo in albergo, ci docciamo e usciamo per andare a mangiare. Ci dirigiamo verso un ristorante nella zona portuale turistica e nonostante la nostra perfetta conoscenza della lingua francese (sono ironico) ci facciamo dare il menù in inglese. Ordiniamo una pizza margherita…e qui la sorpresa: ci arriva si la pizza ma con un bell’uovo all’occhio di bue nel mezzo. Rimango un po perplesso, la mangio, è buona. Il servizio è buono, le cameriere sono gentili, affabili e nonostante le iniziali difficoltà linguistiche fanno di tutto per fare in modo che ci capissimo. Paghiamo, riceviamo in omaggio un chupa-chupa, usciamo e finalmente andiamo a letto…

Lunedì 28 dicembre
Ci svegliamo non propriamente presto per cercare di recuperare qualche ora di sonno. Scendiamo a fare colazione e ci sembra che il gestore non sia esattamente contento di vederci, forse è solo un impressione…
Partiamo e ci dirigiamo verso la Pointe du Millier dove c’è un piccolo faro che pare abbandonato.



Seguiamo il sentiero che scende lungo la costa e da li prendiamo per entrare all’interno del cortile del faro. La giornata è grigia, altri bianchi e neri…questo faro da sulla baia di Douarnenez e visto da dietro sembra una normalissima abitazione. Scattiamo qualche foto, torniamo indietro e ci dirigiamo verso la Pointe du Van per andare a vedere una chiesa a picco su un faraglione. Nonostante tutto la nostra ricerca risulta vana e non riusciamo a scorgere nessuna chiesa, forse eravamo ancora addormentati. Nel mentre scattiamo qualche foto alle scogliere di questa punta. Dopo essere tornati alla macchina decidiamo di recarci alla Pointe de Penmarc’h per andare a vedere il Phare d' Eckmuhl e sperando che la giornata migliori. Il viaggio dura più o meno un’oretta ma nulla, il tempo non ne vuole sapere di migliorare, addirittura peggiora con frequenti scrosci. Arriviamo alla punta, la zona sembra più povera rispetta a Douarnenez e lo notiamo dalle case lasciate andare e da un asfalto non esattamente di second’ordine. La giornata è grigia, pioviggina ma il mare rimane calmo…ogni tanto arrivano delle raffiche di vento ma non sembra proprio prestarsi a farsi fotografare questo punto. Visto l’orario (le 13 inoltrante) cominciamo a sfettlare del salame portato da casa e farci dei panini. Dopo un lauto (?) pasto andiamo verso un bar e ci prendiamo un caffè; usciti decidiamo di rientrare verso l’albergo causa una giornata che stava diventando buia e rifacciamo il percorso al contrario. Dopo la Pointe du Raz prendiamo per una strada che ci fa costeggiare la Baia dei Trapassati (c’è una storia interessante in merito vedere filmato seguente)



risaliamo la collinetta e sul piano scorgiamo il tetto di una costruzione. La chiesa?Si, è proprio lei. Parcheggiamo la macchina nella prima carraia che troviamo e ci dirigiamo verso di essa. Questa chiesa è costruita su un faraglione che da sulla Pointe Du Raz, purtroppo non ho scattato nessuna foto da qui. Oltrepassiamo il limite “sicuro”, oltre la chiesa (ci sono cartelli che indicano il pericolo di caduta) e ci appostiamo in un punto che da sull’oceano e cominciamo a macinare scatti, a immortalare la tanto agognata “Ora blu”.






 

  

  

  

Purtroppo Stefano si accorge di aver dimenticato il telecomando per poter eseguire le lunghe esposizioni (la così detta “Posa B”) e si deve accontentare di scattare a ISO sempre più elevati. Da qui lo spettacolo è davvero fantastico, come dirà in seguito Stefano “Primordiale”: le scogliere a picco sul mare, il mare che sbatte contro di esse, le nuvole che rapidamente si susseguono…e i fari de la Vieille e di Sein che cominciano ad accendersi. Un’atmosfera che dire magica risulterebbe banale, scontato…infatti è molto di più. Quando sono tornato a casa mi sono chiesto più di una volta perché vedere un faro che si accendeva mi emozionava, eppure ne ho visti diversi, anche in Italia. Invece qui era diverso, vuoi perché ti sembrava di essere fuori dal mondo, vuoi per quell’atmosfera surreale che si era venuta a creare interrotta soltanto dagli otturatori delle nostre macchine fotografiche che si chiudevano, vuoi per quel silenzio stemperato dalle sventagliate dei fari, rendevano il posto davvero unico, immensamente piacevole al punto che ho fatto davvero poche foto da qui. Dopo aver macinato scatti ritorniamo alla macchina con le frontali visto il buio, inerpicandoci attraverso i campi alla ricerca della nostra macchina. Dopo aver camminato per un quarto d’ora la ritroviamo e ci dirigiamo in albergo, ci cambiamo e torniamo nello stesso ristorante della sera prima. Questa volta prendiamo un’insalata ma le insalate che fanno qui sono da considerarsi alla stessa stregua di un pasto completo visto che oltre alla verdura ci sono diversi tipi di salsa, pancetta, uova. Non male…paghiamo e questa volta in omaggio riceviamo un portachiavi che fa luce, oltre all’ennesimo chupa-chupa (Stefano ne ha una collezione). Torniamo in albergo e ci rimettiamo a nanna.

Martedì 29 dicembre
Un fastidio alla gola. Comincia così la giornata di Stefano, probabilmente la sera prima aveva preso freddo ma decidiamo di dirigerci verso la Cape de la Chevre nonostante la giornata grigia, anzi nera. Man mano che proseguivamo sulla strada (ci vuole un’ora per raggiungere questo posto) il cielo si apriva e il vento aumentava tanto che arrivati sul posto c’era una bella aria. Stefano si barda come un ninja per evitare di prendere freddo e io faccio altrettanto; ci dirigiamo sul sentiero e notiamo nel mentre delle vecchie fortificazioni militari, probabilmente durante la II WW era una zona d’osservazione. Il vento è davvero forte tanto che sovente ci sposta…il tempo non è bruttissimo ma preferiamo dirigerci verso la Pointe de Pen Hir, fermandoci nel frattempo in un paesino caratteristico con case ancora in pietra. I colori degli scuri, sull’azzurro acceso, devono essere meravigliosi in tarda primavera quando si abbinano ai fiori che cominciano a sbocciare. Ma noi ci accontentiamo così…la giornata è piuttosto piatta con un cielo che tende a rimane sul grigio anche quando arriviamo a Pen Hir. Ci dirigiamo sui faraglioni e scattiamo qualche foto ma il cielo e il paesaggio in se rimangono privi di emozioni e sussulti se non qualche schiarita ogni tanto che ci fa dannare perché non riusciamo a immortalare. Facciamo qualche foto 




anche se dopo Stefano preferirà rientrare in macchina per evitare di accumulare troppo freddo e ammalarsi ancora di più. Io faccio un giro di perlustrazione sulla punta e cerco di fare qualche scatto ma a causa di un vento troppo insistente non riesco a fare nulla di decente. Rientro in macchina anche io e torniamo a sfettlare del pane, salame, formaggio (mancava il lambrusco) e decidiamo di aspettare. Cosa?Ovviamente il tramonto, per vedere se c’era la possibilità di qualche scatto ulteriore!Nonostante tutto la giornata prosegue con le sue tonalità grigiastre e infine decidiamo di tornare verso l’albergo, per evitare che il Fotografus Paesaggisticus presente in Stefano prendesse il sopravvento e lo facesse uscire, facendolo ammalare ulteriormente. Vista l’ora tarda decidiamo di mangiare in albergo, pane e salame io (ancora??), tonno in scatola Stefano. Per evitare che le sue condizioni peggiorassero gli propongo di usare il Vivin C che avevo con me e per liberare il naso di usare la rinazina. Scelta quest’ultima che si rivelerà fatale facendolo diventare dipendente da questa medicina ;-)…

Mercoledì 30 dicembre
Come al solito ci svegliamo di buon’ora e più rinc…ehm più imbambolati anche se stavolta Stefano decide di rimaner a letto ancora e io esco per fare qualche foto a Douarnenez. Come al solito il gestore dell'albergo sembra incavolato nel vedermi ma fa lo stesso, faccio colazione ed esco per fare una passeggiata e qualche scatto. Il sole deve ancora sorgere e mi apposto sul porticciolo che da di fronte all'Ile Tristan, preparo l'attrezzatura e comincio a macinare qualche scatto

 

  

  

Dopo questa serie mi dirigo verso il molto turistico del paese, ormai le condizioni giuste di luce sono andate ma ho ancora l'occasione di fare un riflesso


In città ci sono tanti turisti, ormai sono le 9 passate e la gente ha cominciato a girare per le vie. Probabilmente a guardarmi da fuori sembrava che venissi da molto lontano, barba di 6 giorni - scarpone - jeans sporco - camicia di pile da spaccalegna - zaino in spalla ma nonostante questo era tutto un bonjour, sembrava quasi di essere in montagna dalle mie parti ;-) tutti mi salutavano (forse lo facevano per compassione) e io mi sentivo perfettamente integrato!!Frattanto Stefano si era alzato ed era andato a fare colazione; in seguito mi raggiunge e decidiamo di andare a visitare un paese che si chiama Locronan, un borgo caratteristico anche per riuscire finalmente a vedere all’interno un gotico bretone. La giornata è buona e ci rechiamo nella località suddetta; una volta arrivati cominciamo a macinare qualche scatto fra le vie del paese. 






L'occasione è buona anche per poter vedere all'interno un gotico bretone ma rimaniamo un po’ delusi perché questa chiesa è stata restaurata e gli interni sono apparentemente nuovi; anche qui macino qualche scatto d’interno constatando che in determinate occasioni, ad alti ISO, la mia D200 ha davvero una buona resa. 

 

 




 

  

 

Usciti dalla chiesa ci perdiamo nelle vie del paese e ci accorgiamo che è ora di partire verso la spiaggia di Pen Hat. La luce del sole è morbida, durante il tragitto passiamo di fianco alla spiaggia di Kerloc’h dove diversi surfisti si divertono fra le onde e infine arriviamo. Questa spiaggia è situata fra la Pointe de Pen Hir e la punta dove c’è il Phare de Toulinguet e fortunatamente c’è poca gente. Parcheggiamo la macchina e notiamo subito un cartello che vieta la balneazione, l’entrata in acqua in generale perché qui si formano onde molto forti a causa delle correnti dell’oceano. L’atmosfera è come nel film “Un mercoledì da Leoni”, come in seguito Stefano battezzò. 



Io non vengo accolto molto bene qui in quanto una pallonata di un bambino colpisce soltanto l’obbiettivo della mia D200 senza grosse conseguenze per fortuna, conseguenze per il bambino ovviamente. La spiaggia è formata prevalentemente da grossi sassi levigati dalla forza del mare, rilegando la pura sabbia nelle occasioni di bassa marea. Cominciamo a fare diversi scatti ma purtroppo io non sono molto ispirato così che fino a che c’è luce non riesco a combinare granchè…

 

  

  

 


 ...ma dopo il tramonto tutto cambia: l’ora blu, l’ennesima. Nel mentre la forza del mare, causa la bassa marea, si era attenuata anche se ciò non mi ha evitato un bagno fuori programma ma va bene lo stesso. I faraglioni sono davvero imponenti e i riflessi che si vengono a creare molto gustosi, il paesaggio si presta davvero molto!Realizzo alcune foto verticali, alcuni “effetti setosi” anche se mi concentro principalmente sulla punta dove c’è il faro Toulinguet, punta che si riflette nelle macchine d’acqua lasciate dalla bassa marea.

 

  

  

  

  

 

 C’erano altre persone sulla spiaggia che probabilmente vedendoci così affaccendati si saranno chieste cosa stavamo fotografando con quel buio…del resto noi ci stavamo chiedendo cosa loro stessero facendo con quel buio ;-). Sono stati attimi molto intensi, anche quando dietro di noi è sorta la luna piena a rischiarare tutto il panorama. Continuiamo a macinare scatti, continuiamo sulla stregua de “L’ultimo scatto e andiamo via” e via che la memoria si riempie ma d’altronde come fare a resistere alla tentazione?Si imposta la posa B, si scatta e si va uno verso l’altro a discorrere e appena l’otturatore si chiude, si corre verso la propria macchina fotografica a vedere il risultato…e arrivano le 19 passate. A quel punto sbaracchiamo tutto, frontale in testa e torniamo alla macchina accompagnati dalle onde del mare, dal riverbero sulla risacca. Ci dirigiamo verso Camaret alla ricerca di un pub dove gustiamo un’ottima birra bretone e mangiamo un panino. Al momento di pagare la ragazza alla cassa ci chiede se siamo italiani, sinceramente non capisco come abbia fatto a comprenderlo visto che stavamo parlando una lingua straniera;-); le chiediamo se a Camaret per l’ultimo dell’anno fanno qualcosa e ci dice che ci sarà uno spettacolo di fuochi d’artificio.
Torniamo in seguito all’albergo stanchi morti e ci buttiamo sui rispettivi letti…

Giovedì 31 dicembre - Il giorno del giudizio
Ci svegliamo al solito orario, intorno alle 8.30 e ci apprestiamo a fare colazione. Decidiamo alla mattina di andare a fare un giro lungo i paesini che incontriamo per andare verso la Pointe du Raz e fotografare le chiese. Per poi alla sera dedicarci nuovamente alla ormai famigerata “ora blu” sulla Pointe du Raz. Usciamo dall’albergo e prendiamo la strada che porta alla punta dove nei giorni scorsi avevamo notato diverse chiese. Al primo paese ci fermiamo e cominciamo a fare foto all’esterno, la giornata è molto bella, serena, con una luce limpida e delicata. L’ombra del calvario si proietta sull’edificio dando quel tocco di classe in più, tocco che credo l’architetto della chiesa era ben consapevole di dare. L’unica pecca è che la chiesa era chiusa così ci accontentiamo dell’esterno. 


 




 

  

  

 

Ripartiamo in direzione di un altro paese e troviamo una chiesa che funge a mo’ di rotonda. Anche qui facciamo delle foto all’esterno e agli ingressi si notano scolpiti animali mitologici, draghi per lo più e anche qualche faccia inquietante. 

 


 

  

  

  

 

Ricordo che due anni fa sulla chiesa di Penmarc’h gli ornamenti interni erano delle sirene e delle creature mitologiche marine intagliate nel legno, in questo ancora si sentono le radici di questa terra che si perdono anni prima del cristianesimo. In ogni caso il gotico bretone è molto affascinante, almeno per me: costruito con un granito nero, tagliente, indurito dall’aria di mare, quasi nero fa sembrare queste chiese più vecchie di quello che sono donandole nel contempo un’aria di misticismo e sacralità, quasi fossero luoghi inviolabili. Molte di queste chiese sono chiuse durante la settimana e l’unica che abbiamo visto era stata completamente restaurata internamente. Peccato e meno male…peccato, perché vedere l’interno di una volta sarebbe stato davvero bello, meno male perché non l’hanno lasciata al suo destino.
Riprendiamo la nostra strada e notiamo in un campo un mulino a vento. Ci parcheggiamo davanti al garage di un’abitazione (ehm…) e facciamo qualche scatto. Dopo un po’ sentiamo una voce, forse delle imprecazioni, chi può dirlo?Ci voltiamo e un simpatico nonnino stava imprecando contro colui che gli aveva parcheggiato la macchina davanti al garage ;-) e io non ero alla guida. Rendendosi conto della pericolosità della situazione (la Swift rischiava grosso), Stefano si dirige verso la macchina nonostante gli accidenti che il nonnino gli stava tirando a dietro. Ma il cucco nazionale lo regola con un deciso “I don’t speack French” lasciandolo basito, inebetito, triste, mogio. Io me la ridevo alla grande…



Riprendiamo il nostro viaggio e arriviamo fino al Port du Vorlen situato dopo la Pointe du Van da cui si vede la Pointe du Raz: il panorama è discreto, forse la luce è un po duretta ma scattiamo anche da qui qualche foto. I colori in questo frangente sono davvero molto belli, oserei dire ispirati, fra il verde smeraldo del prato e l’azzurro del mare, davvero un gran bel contrasto. All’orizzonte cominciavano a stagliarsi delle nuvole ma poco importava. 

 

  

  

 

Finito di scattare ritorniamo sulla strada e ci fermiamo in uno spiazzo dotato di tavolo e cosa facciamo?Sfettliamo il salame e mangiamo del prosciutto in vaschetta che col senno di poi avrei volentieri evitato…Stefano lo assaggia e dice che sembra speziato, lo mangio anche io ma non sembra cattivo. Ci rifocilliamo e riposiamo, quindi decidiamo di tornare indietro. Prima di ripartire faccio una fotina alla Swift, sperando che la Suzuki la noti e la usi per una pubblicità così che io possa guadagnare miliardi coi diritti :-)




Che scena vero?La macchina (molto sporca...no scherzo!!) con dietro la Pointe du Raz che si staglia, il cielo, la Vieille, il mare...insomma, sono un poeta, oltre che un ottimo fotografo!!!Come dici Stefano?Certo, faremo a metà coi proventi dei diritti...come?Perchè tu il 90% e io il 10 e basta?Non è giusto!!!!!
Sulla strade del rientro ci fermiamo in un campo a fare delle foto ai mulini eolici, un panorama tipicamente bretone oserei dire ;-)

 

 

Niente di che, sicuramente non foto tipicamente bretoni ma qualche scatto, qualche geometria ci stava senza contare che a tratti il cielo regalava qualche sprazzo di luce. Prego notare nell'ultima foto le dimensioni del mulino rapportata alla mitica Swift...a tratti si sentivano dei sinistri scricchiolii provenire dalle pale e avevamo paura che queste ci cascasseero sulla macchina ;-).
Rientriamo in albergo, il tempo di riposarci giusto due minuti, recuperare la batteria che Stefano aveva messo in carica la mattina e ripartiamo verso la Pointe du Raz. Ormai siamo sotto il tramonto, l’ora è giusta….arriviamo e troviamo al solito un sacco di gente, scendiamo dal sentiero principale (teoricamente vietato ma lo fanno tutti) e ci appostiamo su un costone. Da qui cominciamo a fare i primi scatti, tempi lunghi, effetto seta. Nel mentre ci gustiamo (?) un tè con biscotti, da veri lord british in terra francais…d’altronde erano le 17. Il mare era sull’allegro, diciamo brillo e le ondate si susseguivano con continuità, scattiamo diverse foto.

 

  

 

Ci spostiamo più in basso verso un’altra costa rocciosa, Stefano fa da apripista, lo seguo, la luce cala rapidamente, ormai c’è poca gente…e si comincia, ancora, un’altra volta. I primi scatti si susseguono, si accende il Phare della Vieille, più in la si accende il faro di Sein e più in la ancora si vede pure il faro di Ar-Men, uno spettacolo unico!Le sventagliate si susseguono, il mare continua a sbattere contro la roccia per la nostra pura edonistica voglia di “ora blu avec l’effetto seta”. Si scatta e si scatta ancora, io sono stato un pirla a non aver portato a dietro il cavalletto pesante e alcune foto mi vengono micro mosse, peccato, proprio quelle dove avevo “zummato” sul faro. I tempo di esposizione si allungono, i diaframmi si aprono, le ore blu si sprecano…uno scenario favoloso anche perché diverso rispetto alle foto che solitamente si vedono di questo posto. Capodanno sulla Pointe du Raz, cosa volere di più dalla vita?Solo lo champagne, avremmo brindato diverse ore prima ma vuoi mettere?Brindare con le sventagliate dei fari coadiuvate da un panorama elegante, distinto, non ha prezzo!

 

  

  

  

 

Continuiamo a scattare fino a che non sorge la luna piena ma continuiamo ancora, la voglia è ancora tanta…nonostante faccia fresco, la trance fotografica ci fa andare avanti ed è solo puro spettacolo!

 

  

  

 

Solo lentamente e a malincuore cominciamo a sbaraccare e a risalire verso il sentiero principale con le frontali…buio pesto, nessuna anima viva. Riprendiamo a camminare sul piano scambiandoci impressioni, scherzando sul fatto che i custodi del parcheggio avranno allertato i soccorsi visto che non ci vedevano arrivare. Pensavamo di essere gli unici e invece quando siamo quasi arrivati al parcheggio incrociamo una coppia di ragazzi che va verso la punta, senza torce né nulla….chissà cosa saranno andati a fare…rientriamo in albergo e durante il tragitto comincio ad avvertire un leggero mal di pancia. Normale, ho pensato, d’altronde ho preso freddo e umido sulla punta. Torniamo nelle nostre camere, ci cambiamo e usciamo sperando di riuscire a trovare un locale in cui mangiare anche se eravamo pronti a cenare con tonno in scatola questa sera ;-) d’altronde l’ultimo dell’anno se non prenoti dove vai?Cominciamo a girare per Douarnenez certi che il fido Fufi-navigatore ci avrebbe scovato un posto ma nulla da fare…

Ore 20.30, l’inizio della fine

Con un mio laconico “Torniamo in albergo che non mi sento troppo bene” iniziò una notte molto travagliata almeno per me (a Stefano sarebbe successo la stessa cosa il giorno dopo). Avete presente quando state male, ma male forte e l’unica cosa che vorreste fare è rigettare tutto quello che avete mangiato durante il giorno?Ecco..però non riuscite a farlo…ed essendo che non mi sono messo due dita in gola ho dovuto aspettare. Ma quando ho cominciato non mi sono quasi più fermato, ci davo da davanti e dal di dietro e ogni volta era peggiore della prima, ogni volta speravo che fosse l’ultima, mai avuto conati così violenti, tanto che mi dovevo piegare sulle ginocchia e stare attento a non zuccare contro il wc, mi sembrava di dover vomitare il diaframma. Una reazione violentissima, talmente forte che anche i reni mi fecero male e le notti successive li avrei sentiti urlare. Mentre io ero occupato in bagno sentivo Stefano che guardava i filmati di Zelig su Youtube e dopo mezzanotte (avevo cominciato alle 21 a rigettare) a un suo perentorio “Buon anno” risposi con un “Buona Pasqua”…ero leggermente fuori!Devo dire che gli ho fatto passare davvero un bel Capodanno…tralasciando i dettagli di queste tre ore passate al bagno, quando mi misi a letto avevo freddo. Presi una, due coperte più quelle che avevo e abbracciai il termosifone. Nulla, ancora freddo…mi abbandonai così a un sonno che non era sonno ma un mezzo delirio. Mi svegliai nel pieno della notte accaldato, un dolore ai reni lancinante e la cosa peggiore era che ero completamente sveglio. Sbuffavo, mi giravo e rigiravo, ero agitato, volevo andare via, non mi rendevo conto di dove fossi. Bevvi quel che rimaneva del te in bottiglia, ero disidratato come mai mi era successo prima…nel delirio, per cercare di calmarmi cercai di ricordare le canzoni che avevo imparato alle elementari e cosa strana, me le ricordai tutte…oltretutto decisi di concentrarmi sul numero 25, non so perché ma la cosa funzionò, mi addormentai e sognai che misi d’accordo due cittadine proponendogli di mettere le lastre della strada a 25 mm una dall’altra…

Venerdì 1 gennaio - 2010
Dovetti far appello a tutta la mia forza di volontà per uscire dal letto, cambiarmi e preparare la roba visto che dovevamo recarci a Le Conquet per la seconda parte del viaggio. A fatica riuscii a portare giù la borsa e lo zaino, caricai la macchina e partimmo. Il viaggio non me lo ricordo granchè, praticamente ho dormito tutto il tempo fino ad arrivare in quella bellissima cittadina di Le Conquet. Arriviamo davanti all’albergo, Stefano va in reception e si fa consegnare le chiavi. Anche qui è delirio portare su i bagagli, stavolta per due piani tanto che avevo il fiatone. Laconico dissi a Stefano che se voleva andare in giro di andare pure perché io non me la sentivo. E così rimasi in camera, con la TV accesa su un canale che dava il concerto di inizio anno, musica classica per cercare di rilassarmi. Così passai diverso tempo, fra pisolini e momenti di sveglia tanto che non mi accorsi del messaggio di Stefano che mi esortava a prepararmi per andare a fare delle foto al faro di St. Mathieu. A rilento mi preparai e mi bardai meglio che potevo, era pomeriggio ma avevo ancora addosso freddo e il pezzo di pane che avevo mangiato non mi aiutò di certo. Scendo con fare incerto e Stefano era già li che mi aspettava. Salgo in macchina, Cucco fa per avviarla e…non si accende. Panico, ci guardiamo…riprova. Non parte. Non può essere la batteria, non può essere il motorino di avviamento…cosa può essere?Forse manca la nafta?Naaaaaaaa…torniamo alla reception dell’albergo e col nostro english more fluently e un francais d’annata (rispettivamente classe 1982 e 1984) ci facciamo capire e la signora addetta al bar ci porta gentilmente a una pompa di servizio. Facciamo 15 euro, torniamo indietro e riempiamo il serbatoio. La macchina riparte…ma non io. Dico a Stefano che non ce la faccio, di andare da solo (che scena romantica) e di dedicarmi uno dei capolavori che farà…rientro in camera più fuori di un melone e torno ad addormentarmi….
Rientra Stefano prima delle 19 (il faro distava dall’albergo 3 km ma l'ora blu quando ti prende ti fa perdere il senso del tempo) e mi fa vedere le foto…eh quando uno ha il manico ;-) ma una sua affermazione mi fa pensare molto male “Non mi sento troppo bene” e io “Perfetto”. Il caro Cucco difatti non cena e anche lui si dedica al vomitare l’anima in tutto e per tutto, stessi sintomi che ho avuto io la sera precedente, stessa violenza, stessa intensità. Stesso delirio di notte anche…i particolari li troverete nel suo diario ma capivo molto bene cosa stesse passando in quei momenti. Una volta che il pellegrinaggio al bagno fu finito, pure Stefano aveva un bel freddo addosso e si mise nel sacco a pelo, passando una notte di pura, sana e irrazionale follia…tutto mentre io mi guardavo non so quale programma televisivo in francese e i reni che non mi facevano stare bene in nessuna posizione….

Sabato 2 / Domenica 3 gennaio
Sembrava che il tempo si fosse fermato, non mi accorgevo delle ore e dei minuti che passavano. Mi alzai e provai ad andare a fare colazione con il te ma non fu una buona idea. Rientrai in camera e l’unica cosa che potemmo fare fu guardare ininterrottamente Simpson, Griffin, Friends ovviamente in francese. Abbiamo fondamentalmente passato questi due giorni così, barricati in albergo a guardare la tv ma un lato positivo c’è:  qualche parola di francese ci è entrata nella zucca. Soltanto domenica connettemmo il cervello al resto del corpo accorgendoci di stare guardando programmi di cui non capivamo nulla ma va bene così.
Cominciammo a interrogarci se fosse il caso di andare su Ouessant visto il nostro precario stato di salute, eravamo indecisi ma la voglia di andare era troppa nonostante fossimo decisamente malconci. Ok, domani si parte, stringeremo eventualmente i denti sul battello (e anche qualcos'altro...che eroi) ma l’isola bisogna farla…

Lunedì 4 gennaio
La sera prima avevamo preparato i nostri zaini con lo stretto indispensabile e ci trovavamo al porto di Le Conquet a fare il biglietto. Verso le 10 arriva il nostro mezzo di trasporto, ci imbarchiamo e partiamo…memore della precedente esperienza fatta andando su Sein opto di rimanere sopracoperta. La giornata è molto bella, il mare calmo e ci dirigiamo inizialmente verso l’Ile Molene dove il traghetto fa un primo scalo. 


Imbarcati altri passeggeri ci dirigiamo verso Ouessant e qui il mare si fa più agitato ma nulla di particolare. Dalla barca si intravede anche il faro della Jument, si prosegue e si arriva all’attracco. Un bus ci porta a Lampul per poi proseguire a piedi fino al vicino albergo; il tempo di sistemare la roba che siamo già in marcia in direzione della Pointe de Pern, il punto più ad occidente dell’intera Francia. In condizioni normali dal nostro albergo a questa punta sarebbe niente più che una passeggiata ma per come eravamo messi è risultata un’agonia…durante il cammino abbiamo fatto anche qualche foto al paese e al faro de la Creac’h, il più potente d’Europa e uno dei più potenti del mondo. 

 

  

  

 

Finalmente arriviamo, nonostante sia ancora prima pomeriggio e facciamo qualche scatto; la luce di contorno è duretta ma il panorama meraviglioso, addirittura c’è il rischio di veder tramontare il sole vista la giornata limpida. Perché dico questo?Ouessant è famosa anche per la nebbia che impedisce la vista di ogni cosa e sarebbe quasi uno scherzo vedere il tramonto nel punto dove meno ce lo saremmo aspettato. Oltretutto sarebbe anche stata la prima volta ma questa è un’altra storia….dopo una passeggiata piuttosto travagliata dove invece che essere a livello del mare mi sembrava di star scalando il Lhotse (avevo un fiato corto che penso neanche un alpinista su un 8000…) arriviamo finalmente alla Pointe de Pern, il punto più occidentale della Francia oppure, con una visione più romantica, il punto dove finisce l’uomo e cominciano i sogni. Perché dico questo?Bè, avete davanti solo 6000 km di mare, 6000 km del grande Atlantico e più in la, solo poco più in là, l’America. La costa presenta diverse rocce frastagliate, erose dalla forza del mare e da qui si scorgono due fari, Jument e Nividic. Decido di prendermi una pausa e mi siedo dietro una roccia, riparato dal vento e faccio qualche foto a la Jument, cercando di cogliere la mareggiata giusta sullo scoglio posto davanti a me. Ero distrutto si, ma in un qualche modo sereno, contento, felice…di li a poco passerà un signore con un cane che si snasa i nostri abiti (il perché lo scrivo solo in fondo ;-)) e riprende la sua via. Il sole nel frattempo stava calando, la luce ammorbidendosi cominciando a disegnare ombre e noi cominciamo a muoverci verso un’insenatura li vicino, dove Stefano si butta a capofitto e io solo a capo per via delle grande rocce, anch’esse lisce, che formavano la spiaggia. Scatto qualche foto da qui e qualche foto a Stefano che fa di tutto per entrare nelle mie foto ;-) ovviamente scherzo ma ovviamente no. 

 

  

  

  

  

  

  

  

 

Maciniamo qualche scatto e torniamo sulla baia che da sul faro della Jument e di Nividic per tornare a fare…si, proprio lei…ma come?Non avete ancora capito?Dai che ci arrivate…un’inidizio: si fa dopo il tramonto. Ma non la cena, cosa avete capito!?!?!?La tanto agognata, favolosa, celeberrima ORA BLU!!!!Proprio lei che in questo viaggio ci ha fatto tanto penare ma che ci ha regalato grandi emozioni…se poi pensiamo che più o meno alle 14 ci eravamo detti che non saremmo rimasti fino al tramonto perché per fare l’ora blu ci saremmo caricati di freddo…insomma, da bravi fotografus paesaggisticus ci siamo prontamente smentiti. Abbiamo sfidato il mare, le intemperie, i virus (maledetto!!!!!) solo per stare ancora qui, solo per stare un’altra volta su una spiaggia a fare foto. Ma poi, più che fare foto, è l’attimo che vivi che conta…sono stato banale e scontato descrivendo le precedenti ore blu e lo voglio essere anche qui. Anzi no, voglio essere più originale, a partire dalle mareggiate che si infrangevano vicino a noi e che sovente ci facevano avvicinare le mani ai rispettivi treppiedi per poterli ritirare in caso di bisogno, alle corse sui sassi della costa perché un’onda lo stava per investire (vero Stefano?), a un’altra corsa con insamplamento su una roccia causa onda (vero dadda?) a…ad osservare, a vivere ancora quel momento. Penso che un paesaggista riesca a ritrarre al meglio la scena quando si stacca per un momento dalla sua macchina fotografica e inizia a sognare guardando quello che ha davanti, quando comincia a vivere quel momento, quando riesci a sentirti presente ed essere parte di quello che vivi. Noi siamo venuti in questa terra come turisti, è vero, ma penso che per come l’abbiamo vissuta siamo riusciti a carpirne una parte di quella sua natura, di quel suo modo di essere…
Ancora una volta i fari si accendono, ancora una volta lo spettacolo è assicurato e man mano che la marea cala e il mare si fa più calmo assistiamo anche a un discreto tramonto e il cielo comincia a rasserenarsi del tutto. Gli scatti si sprecano, le memorie soccombono sotto il peso dei NEF e le batterie si scaricano…ma alla fine non importa. Non sarà stata forse l’ora blu più spettacolare però mi ritrovavo a pensare a cosa c’era dopo quella linea là in fondo, come poteva essere il mare e il cielo…

 

  

  

  

  

 

Questa volta la sessione fotografica dura meno anche per cercare di preservarci ma la frontale è d’obbligo. Prepariamo gli zaini e ci avviamo per tornare in albergo; sono solo 3-4 km ma nessuno dei due aveva il passo, né la voglia ma si doveva tornare indietro. La notte era buia e il faro della Creac’h stava offrendoci il suo spettacolo con sventagliate che arrivavano fino all’orizzonte e per uno strano effetto ottico, guardando l’orizzonte, sembrava che partissero dal mare anziché dalla terra. Ma questo non era che una minima parte dello spettacolo…a un certo punto dissi a Stefano di mettere una mano sulla sua frontale e io feci altrettanto. Provate a immaginare questa scena: sulla sinistra il faro, il Re, che con le sue sventagliate reclamava il suo dominio sul mare e a destra Orione che stava sorgendo…uno spettacolo unico, qualcosa che mi ha lasciato più di un istante meravigliato. E il cielo così sereno che disegnava punti fino a dove l’occhio potesse arrivare tutto condito nel silenzio dell’isola. Attimi, momenti davvero vibranti…
Riprendiamo il cammino e notiamo che il faro illumina anche le case tutt’intorno; discorriamo delle foto fatte in giornata e le notizie che abbiamo letto inerenti l’isola, cerchiamo di tenere un buon passo. Incrociamo un paio di macchine e mi viene un’idea balzana: perché non ci mettiamo uno di fianco all’altro, alla stessa altezza, così sembriamo i fanali di una macchina?Un’idea davvero bislacca, tanto bislacca che…non viene messa in pratica ;-) questi sono gli effetti postumi del virus. Rientrati in albergo, appoggiamo la roba e ci docciamo, scendiamo e ci prepariamo a cenare. Ci viene dato il menù ma, nonostante capissimo perfettamente il francese, non troviamo nulla di consono ai nostri stomaci devastati. C’è chi comincia a vedere cappelletti, chi comincia a vedere tortelli e alla fine io scelgo le tagliatelle bolognesi (?) e Stefano un’insalata che mangiò con notevole gusto ;-). Bè almeno questa sera siamo riusciti a mangiare qualcosa…torniamo nella nostra camera e notiamo come il faro illumina giusto dritto il letto a castello: praticamente avevamo il faro nella stanza!!Rispetto al nostro albergo la Creac’h è situato sulla destra così che il fascio luminoso entrava pienamente nella nostra camera ma va bene lo stesso, un tocco bretone in più ;-). Tentiamo di fare una foto al faro e alle sue sventagliate ma con scarsi risultati (questo qui sotto è Stefano in azione..ciak si gira!!)





Abbassiamo la serranda e guardiamo un poco di tv fino a che Stefano non stramazza e io faccia in tempo a spegnere la tv prima di strmazzare…

Martedì 5 gennaio
Qui il sole albeggia ancora più tardi che nell’entroterra. Quindi cosa si fa?Ovviamente si rimane un po di più a letto, che domande!!!In ogni caso verso le 8.40 andiamo a fare colazione, caffelatte brioche e marmellata, ci sediamo al tavolo e cominciamo a mangiare ma…a Stefano va di traverso la brioche, a me il caffèlatte. Avete presente quando una luce morbida sul rosso, rosa viene dipinta su sottili nubi grigie che lasciano intravedere il cielo?E che tutto questo spettacolo è in movimento con forme sempre nuove, con colori che continuano a variare?Ecco…ingurgitiamo in un boccone il resto della colazione, ci fiondiamo in camera a prendere macchine fotografiche e treppiedi, usciamo ma…è tardi. Il bello è già passato con nostra somma disperazione e pensare che avremmo potuto fare l’alba in tutta tranquillità visto l’orario a cui nasce il sole, mannaggia!

 

  

  

 

Dopo qualche imprecazione decidiamo di andare a cercare un nolo biciclette così da poterci muovere più velocemente. Ce n’è uno vicino all’albergo ma nonostante ci fosse dentro il proprietario e avesse tutto aperto ci dice che è chiuso…mah…ce n’è un altro verso il centro del paese ma è chiuso. C’è un cartello con un numero di telefono, chiamo, e con il mio francais more fluently faccio venire un signore che ci apre la sua attività dandoci due biciclette. Non agratis, ovviamente, 10 euro al giorno a testa…mica pizza e fichi!!!!Nonostante la nostra parlantina, ci chiede se siamo italiani, proprio non riesco a capire come abbia fatto, eppure l’accento reggiano l’avevamo lasciato nella camera d’albergo di Le Conquet ;-); inforchiamo le bici e ci dirigiamo verso l’imbarcadero a farci cambiare il biglietto per anticipare la partenza visto che le previsioni non davano nulla di buono. Il sellino della mia bici è duro come il granito e vi lascio immaginare quante sante beatificazioni ho detto…la strada non è lunga e un distinto e gentile signore ci cambia senza problemi il biglietto all’imbarcadero, gratis per giunta una cosa impossibile in Italia. Torniamo verso l’albergo perché ormai è ora di pranzo e notiamo che il tempo si sta annuvolando; per pranzo prendiamo entrambi una pizza ma viene lasciata per metà sul piatto. Si, qualcuno potrebbe dire che dovevamo assaggiare specialità del posto e non lo metto in dubbio: il fatto è che avendo lo stomaco così devastato c’è mancato poco che davanti un piatto di gamberetti che mi era passato davanti rigettassi l’anima. Nulla da fare, non riuscivo a mangiare…paghiamo, rientriamo in camera e prepariamo la roba per dirigerci verso la Penn ar Viler, la punta opposta a la Pointe de Pern. Il tempo frattanto peggiora, la sgambata in bicicletta per me si rivela drammatica ma questo non mi impedisce di improntare un garino con Stefano: alla fine ha la meglio lui ma solo perché nel mio zaino portavo il suo cavalletto ;-). Arriviamo alla punta ma cominciamo a sentire delle gocce di pioggia, le nuvole ormai hanno coperto tutto il cielo, c’è solo uno sprazzo di luce su la Jument che si chiude subito. Perlustriamo la zona ma non c’è nulla da fare: meglio tornare in albergo onde evitare di prendere dell’acqua. Cosa che puntualmente si avvera: a tornare indietro è quasi tutta discesa ma l’acqua comincia a cadere con intensità e si vede poco. Addirittura per qualche secondo cade anche della grandine che mi taglia un labbro, un graffio però non me l’aspettavo di certo. Era sottile, fine e veniva giù a bomba e io a causa dell’estremo sforzo (ma dove?) nel risalire la salita, scendo dalla bici e faccio l’ultimo pezzo a piedi. Ovviamente continua a piovere e tirare un vento discretamente forte così che mi inzuppo per benino…finita la salita reinforco la bici e mi dirigo verso Stefano che mi aveva aspettato, arriviamo all’albergo, chiudiamo con un lucchetto le bici nel retro e torniamo in camera. Ci togliamo la roba bagnata e cosa facciamo?Aumentiamo la nostra capacità linguistica, la nostra capacità di integrazione guardando una specie de “La ruota della fortuna”…non eravamo delusi, in fin dei conti ce lo aspettavamo, anzi lo sapevamo che avremmo potuto avere brutto, d’altronde è inverno e le giornate così si sprecano. Non resistiamo a lungo al programma che ci addormentiamo e…ci svegliamo verso l’ora di cena. L’appetito era quello che era, difatti io mi accontento di una macedonia e Stefano prende ancora un’insalata anche se non la mangia molto volentieri: gli mancano i suoi cappelletti ;-). Frattanto fuori il vento ulula e quando torniamo in camera il Cucco ha la bella idea di guardare fuori con la luce della frontale. Bè non ci crederete ma stava nevicando quasi parallelo rispetto al terreno!Oltretutto le previsioni del tempo, ogni mezz’ora, mi stavano cominciando a fare diventare matto visto che parlavano di venti fra i 45 e i 60 nodi. Ma la cosa bella era che ad ogni raffica le mura della nostra camera traballavano per bene regalandomi un certo senso di inquietudine. Guardiamo ancora la tv, che a causa delle continue raffiche di vento non ha un segnale stabile ma riusciamo ugualmente a vedere X-Man 3 fino a che non stramazziamo ma per me non sarà una notte tranquilla….

Mercoledì 6 gennaio
Ho passato la notte svegliandomi ogni 5 min a causa delle mura che traballavano. A un certo punto ho lasciato perdere e ho cominciato a guardare il soffitto, a contare le sventagliate del faro che si intravedevano attraverso la tapparella, ad aspettare un minimo cenno di alba…solo che essendo il cielo coperto non c’era verso!!In ogni caso verso le 8.30 ci alziamo dal letto, andiamo a fare colazione e… a Stefano va di traverso la brioche, a me il caffèlatte!!Ma come?Ancora?Si prospettano le condizioni per una bellissima alba, ingurgitiamo la colazione, prendiamo le macchine fotografiche e ci fiondiamo con le biciclette verso il faro della Creac’h, incuranti del mio didietro che causa sellino durissimo mi faceva ancora male, a fare delle foto. Bè, il panorama era spettacolare con cenni di luce sulle nuvole, squarci nel cielo, mare che dall’allegro con brio era passato al mosso e il fotografus paesaggisticus era rimerso in noi. Facciamo alcuni scatti al bivio che ci porta al faro per poi proseguire verso di esso e macinare scatti verso la costa rocciosa, il tempo è splendido e preoccupante al tempo stesso perché pensiamo che il traghetto non possa partire. Ancora un ultimo scatto prima di renderci conto che dobbiamo rientrare per andare verso l’imbarcadero; nel mentre ci fermiamo in un negozio e prendiamo una cassettina di birra bretone per ricordarci il sapore di questa terra ;-). 

 

  

  

  

  

 

Torniamo in albergo, prepariamo gli zaini, il mio pesa almeno 30 kg, mi sembra di essere un marine in missione!L’autobus ci porta all’imbarcadero, l’autista è una gentile signora che non smette mai di parlare; arrivati, scendiamo e parte una saetta che cade vicino a noi, istintivamente ci abbassiamo tutti e ci copriamo il capo e poi un tuono molto violento sopra le nostre teste. Io avevo visto distintamente la saetta, qualcosa di spettacolare e terrificante, così vicina non l’avevo mai vista…e comincia a grandinare!Questo era il saluto che Ouessant ci rivolgeva, forse arrabbiata perché andavamo via un giorno prima…pochi istanti ma uno scroscio davvero violento, il mare è agitato ma nel mentre il traghetto arriva. I passeggeri cominciano a sbarcare, pensiamo di vedere molte facce sbiancate, alcune si vedono ma niente di preoccupante, forse il mare non è così mosso. Ci imbarchiamo anche noi, partiamo..siamo al primo piano della nave ma decidiamo di stare sul ponte per evitare di sentire troppo le onde, già nell’imbarcadero la nave aveva dei beccheggi e rollii non indifferenti. Allontanati da Ouessant notiamo che le onde devono essere alte almeno 3 mt ma il capitano non fa una piega, le prende in pieno, a volte di lato, si sale e si scende ma è tutto sotto controllo. 


A volte bisogna tenersi alla ringhiera visto che le onde aumentano di intensità; approdiamo a Molene, ripartiamo e fino a che non arriviamo in vista di Le Conquet la situazione non cambia. Stefano fa diverse foto, io non ne faccio per evitare di sentirmi male ma alla fine arriviamo e sbarchiamo. Carichiamo la macchina, decidiamo di andare a mangiare il pranzo e notiamo subito che il nostro mezzo fa fatica ad accendersi. Li per li non ci è sembrato nulla di preoccupante, d’altronde è stata ferma alcuni giorni…entriamo in un ristorante dove ci viene servite una salsiccia con patate, molto buona, per la prima dopo alcuni giorni riusciamo a mangiare. A fine pasto non so perché ma prendiamo il gelato…contando che dentro al ristorante non c’era propriamente caldo, il dessert ha contribuito ulteriormente a farci venire freddo. Paghiamo, andiamo alla macchina, Stefano fa per avviarla e…non parte!Ma come?Ancora?Panico…la nafta c’è, la batteria è carica, tutto sembra in ordine, sarà mica ingolfata?Naaaaaaaaa…il problema che dove eravamo noi era piano così che abbiamo spinto la macchina fino a una discesa per poi dopo far salire il cucco in macchina e fargliela avviare mentre io spingevo. La Swift sbuffa, borbotta ma alla fine si accende regalandoci un sospiro di sollievo!Decidiamo di dirigerci verso il faro di St. Mathieu per fare gli ultimi scatti: la giornata non è granchè ma riesco lo stesso a fare qualcosa di decente, senza contare che queste saranno le mie uniche foto che ho fatto a questo faro (maledetto virus!!!!!!)

 

 

 Impostiamo il navigatore-fufi che ci dice che dobbiamo fare soltanto 1500 km e passa


Siamo sconsolati, il morale a pezzi, volevamo tornare a casa, non ne potevamo più...ovviamente sono melodrammatico perchè in queste situazioni bisogna prenderla con filosofia. Il Cucco avvia la macchina, ci immettiamo sulla strada ma le sorprese non finiscono qui….

Il viaggio di ritorno
Prendiamo la strada in direzione di Brest e da qui verso Parigi. Inizialmente tutto è scorrevole, si viaggia bene e la nostra previsione era di fare 500-600 km per poi fermarci lungo il percorso. Dapprima a tratti, poi sull’autostrada si viaggiava costantemente a una corsia a causa della neve, infine sotto sera arriva una bufera vera e proprio!Si formano delle colonne, si viaggia a 20 km/h, proviamo a resistere, magari pensiamo di passare la notte in macchina ma alla fine prendiamo la rampa che porta a Vitrè dove passeremo la notte in albergo. La camera è confortevole, danno addirittura Raiuno ma lasciamo stare, ci concentriamo su una partita NBA e mettiamo in conto al mattino di partire alle 5. Pensando che era già mezzanotte quella notte abbiamo fatto il dritto…l’indomani, anzi oggi partiamo come ci eravamo prefissati. Non nevica più e prendiamo l’autostrada…spettacolo!E’ pulita!!Vai che si va!Ma l’entusiasmo dura poco…dopo 50 km la neve torna a coprire la strada e ci troviamo coinvolti in un’altra bufera!Adesso la situazione si fa critica, l’autostrada è completamente bianca e si procede fra i 20 e i 30 km/h e così fino a parigi, praticamente 400 km fatti a questa velocità!!


Io purtroppo ero fuori come un melone e fino alle 8 c.ca ero mezzo addormentato anche se sentivo l’aura negativa di Stefano che interiormente stava tirando molti accidenti. Più ci avviciniamo a Paris e più la situazione peggiora e da quel che capiamo alla radio tutto la Bretagna, la Normandia sono paralizzate dalla neve. La nostra fortuna è stata quella di non esserci mai bloccati nel traffico ma le condizioni erano disastrose, non uno spazzaneve, niente di niente se non quando siamo vicini alla capitale ma la strada non migliora affatto. Cominciamo a disperare, pensiamo che se in giornata arriviamo ad Auxerre sarà tanto e vediamo sfumare i nostri agognati cappelletti. Passiamo Paris, dall’altro lato dell’autostrada è tutto piantato, tutti fermi, quasi non ci rendiamo conto della nostra fortuna quando tutto a un tratto…l’autostrada è completamente pulita!Panico, ci guardiamo, stiamo sognando?Prima ancora di concepire il pensiero, il piede di Stefano sull’acceleratore già pesta a 130/140 km/h, il navigatore ci dice che in serata saremmo arrivati a casa ma non ci crediamo, non vogliamo crederci…a tratti snevischiola, non c’è nessuno o quasi sulla strada, siamo i padroni incontrastati. I km scorrono veloci sotto le ruote della macchina, il tempo sembra paralizzarsi, passiamo Auxerre, di già?Da li andiamo in direzione Lione per poi svoltare verso Genevè e da qui per il Monte Bianco. Ora guido io, a tratti neanche mi accorgo della velocità, ormai l’unica cosa che conta è arrivare a casa per mangiare i cappeletti. Siamo vicini, l’autostrada diventa una strada tipo quella del Cerreto solo che è messa molto meglio, si sale verso il traforo del Bianco. Arriviamo alla stazione, paghiamo, imbocchiamo il tunnel…dopo 30 min siamo fuori, siamo in Italia. Da cosa lo capiamo?Bè sul tratto di autostrada dopo il traforo coi limiti dei 100 un’auto ci sorpassa almeno a 140 ;-); resisto alla tentazione, il primo tratto lo faccio ai 100 ma dopo un po non ce la faccio più e via che si va, siamo in Italia d’altronde!!Il limite è pura utopia ;-) no scherzo ma tornare a guidare a 140-150 sembra una liberazione dopo i rigidi limiti francesi. Riceviamo le chiamate dei nostri genitori che ci dicono di fare in fretta perché il tempo sta peggiorando ma non serve dircelo, ormai abbiamo le ali ai piedi…incredibilmente arriviamo sotto casa mia alle 20.35, quasi un miracolo considerando come era partita la giornata, sotto la bufera. Nevica anche qui ma ormai non importa, i cappelletti sono pronti, ora null’altro è importante ;-) ci salutiamo, l’indomani Stefano sarebbe venuto da me per portarmi le foto custodite sull’HDD del suo portatile e ci auguriamo buona mangiata…

Ero davanti alla porta con la valigia per terra, lo zaino in spalla e mi faceva strano essere ancora li, il tempo è volato. Infilo la chiave nella serratura e porto la borsa nell’ascensore, arrivo al mio piano con ancora nella mente il rumore delle onde del mare, quella sensazione di libertà ancora addosso, le sventagliate dei fari nella notte...
Varco la porta di casa…kenavo Breizh

CONSIDERAZIONI FINALI
- Un plauso va ai miei jeans e alla mia felpa. Perché?Perché non me li sono cambiati per tutta la durata della vacanza ;-) il resto si ma questi abiti no. Dopo alcuni giorni ci avevo fatto l’abitudine, ormai avevano addosso quell’aria, ero un tutt’uno con essi e togliermeli sarebbe stato come un tradimento. Ovviamente ora sono stati lavati ma in un certo senso sono diventati i capi preferiti d’abbigliamento.
- Un plauso va al nostro navigatore e a Fufi che ci ha fatto fare strade, carraie penso sconosciute anche ai bretoni. Le strade più corte in mezzo alla campagna, le strade più spettacolari e Fufi era li, sempre stoico, sempre la testa fuori dal finestrino nonostante la neve e il freddo.
- Un plauso va a noi che nonostante un virus intestinale (più avanti leggeremo su internet Gastrointerite acuta) della malora che ci ha demoliti, non abbiamo mollato e abbiamo sfidato il mare, le onde, la lingua, le diffidenze iniziali tanto che alla fine siamo diventati bretoni acquisiti e la gente ci amava come mai prima d’ora è successo…ovviamente sto scherzando, era solo una visione romantica ma fa lo stesso.
- Un plauso va al mio francese, vecchio di 15 anni ormai ma sempreverde soprattutto nella capacità di relazionarsi con altre persone...ma chi ci crede??????
- Un doppio plauso alle capacità linguistiche di Stefano: mischiando dialetto arzan, inglese e qualche parola di francese più di una volta ci ha cavato fuori dagli impicci.
- Un triplo plauso all’albergo di Le Conquet e ai suoi gestori. Erano fuori come dei meloni ma si sono sempre preoccupati per noi e ci hanno aiutato quando abbiamo avuto bisogno.
- Un demerito va al salame, la prossima volta o mi porto 10 kg di pasta che quella non fa mai male o vado avanti a base di baguettes.
- Un demerito all’hotel di Douarnenez dove i nostri sensi di ragno captavano le vibrazioni negative che venivano dal gestore, forse gli stavamo sulle scatole forse no ma ogni cosa che gli chiedevamo (in tutto solo la colazione e una volta il tè) pareva gli costasse una fatica immane.
- Un demerito alle autostrade francesi che nonostante sul sito riportasse che il pagamento con carta di credito era accettato, non una volta la mia carta è stata presa. Oltretutto i bordi non sono segnati coi catarifrangenti così che al ritorno con la neve non era sempre facile vedere il bordo.
- Un demerito anche a me che non ho comprato un teleobbiettivo prima di partire, mangiandomi le mani in seguito in tutte quelle occasioni in cui avrebbe fatto la differenza

ALCUNI LINK

Qui di seguito riporto alcuni link inerenti la Bretagna, in italiano


Questi sono i fari che abbiamo visto coi nostri occhi


Questi di seguito i fari principali delle terre di nord-ovest

Ar-Men , faro rientrante di diritto nella categoria "Enfere de Enfere" a causa delle tempeste a cui è soggetto, posto al largo de l'Ile de Sein
Phare du Four , catalogato nella categoria "Enfere", sempre a causa delle frequenti tempeste a cui è soggetto. Questo faro è diventato famoso grazie a Plisson che lo ritraeva mentre una gigantesca onda lo investiva.

Alcuni filmati presi da Youtube









5 commenti:

  1. Giungo qui su suggerimento post-ale di Dizaon...al momento per pigrizia lascio stare in testo.Per le foto,be'...parlano da sole.Davvero complimenti.Impressionanti..impressionanti.Tutte bellissime.Poi quelle al buio sul mare,tipo questa http://4.bp.blogspot.com/_pU1et4n81xs/S2Q9y7Y2CuI/AAAAAAAAAGA/l_y7K-GL4p8/s1600/_DSC0065.jpg ,mi paralizzano.

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  2. Veramente tanti complimenti, è un bellissimo diario di viaggio!

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  3. Grande Davide!!!
    ottimo il testo a corredo di un nutrito numero di immagini!!
    Me lo sono letto tutto e ne vale davvero la pena!!

    P.S.: ti ho aggiunto nella pagina dei link!! ;-)

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  4. Bellissimo questo tuo diario di viaggio, con i ricordi che gocciolano emozioni. Visitare la Bretagna e respirarla fino a sentirla un po' anche mia è uno dei miei sogni ed ora, dopo averti letto, è ancora pià sogno!
    Baciotti da Sabrina&LUca

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  5. Mamma mia l'ho riletto da capo un paio di volte, mi ha preso troppo!!^^
    Bellissimo diario, fantasticherrime foto...che dire tanti complimenti Davide, ti invidio un sacco!:)

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